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Impariamo a fare comunità?

Parliamo di comunità

Intanto dobbiamo abbandonare il vecchio stereotipo per cui se si parla di comunità pensiamo alla tossicodipendenza, a metodi terapeutici, a luoghi di rieducazione o al solo Terzo settore.

La versione moderna di comunità è anche “community” in inglese, usata in riferimento alle comunità on line, che ruotano intorno a piattaforme o App di servizi.

Esiste anche un ruolo dedicato alla gestione della community che è appunto quello del community manager.

Io qui racconto e scrivo indistintamente di comunità e community, sia online che offline.
Treccani tra le varie definizioni di comunità indica:
“Insieme di persone che hanno comunione di vita sociale, condividono gli stessi comportamenti e interessi”

Da questo concetto possiamo allargare la nostra immaginazione e pensare a diverse comunità.

I condomini di uno stesso condominio, i clienti di uno stesso bar, i colleghi di una stessa azienda, gli allievi di una stessa classe. Anche le persone che seguono il mio progetto Parole in circolo in città al carcere di San Vittore sono una comunità. 

E così ciascuno può pensare alla propria comunità di riferimento o immaginarsi di crearne di nuove per condividere luoghi, obiettivi e interessi.

Sempre più le comunità nascono, anche spontaneamente, per affrontare situazioni che le persone, individualmente, farebbero fatica a gestire o a sviluppare.

Il periodo del lockdown ha dimostrato che la solidarietà e l’unione delle persone sono l’aspetto vincente in una situazione di emergenza.

Sempre di più bisogna pensare che all’aspetto economico di un’attività è necessario affiancare l’aspetto sociale che vi ruota attorno, in grado di generare un valore più ampio e inclusivo.

La nascita e l’evoluzione di una comunità necessita di certe competenze e accorgimenti affinché il suo sviluppo generi valore aggiunto.

Community toolkit è una metodologia, ideata da CollaboriamoHousing Lab e Itinerari Paralleli, realtà attive in ambiti ad alto potenziale di comunità.

La loro esperienza ha permesso di individuare tratti comuni al ciclo di vita di ogni comunità e di sviluppare degli strumenti in grado di farle nascere e poi evolvere. 

Le comunità hanno caratteristiche diverse e possono essere virtuali o fisiche.

È molto interessante vedere come i loro strumenti e le loro dinamiche, rispecchiano le caratteristiche di ogni comunità e come il metodo può essere applicato a diverse tipologie di comunità.

Ad esempio, hanno realizzato una “Governance Map”, che individua quali sono, secondo loro, i principali ruoli all’interno della community. Ognuno con una funzione e posizionamento specifico.

L’aspetto principale sono le azioni che la community deve mettere in atto per poter vivere e svilupparsi. A questo proposito hanno individuato il “Provocatore”, uno strumento utile a innescare azioni per attivare o riattivare la community

Al Provocatore va abbinato il “Misuratore” utile a misurare le azioni intraprese e la loro efficacia.

Per questi e altri strumenti, scaricabili online, c’è un’ampia spiegazione sul sito, sulle loro funzioni e come implementarli,

Dal 14 settembre è anche possibile seguire una formazione online di cinque incontri, Community Toolkit in pillole, per un approfondimento e un approccio diretto al metodo.

Perché imparare a gestire una community? 
Per acquisire la consapevolezza di avere o essere in una community.
Avere una community è anche un nuovo modo di fare impresa. 

I membri delle comunità sono clienti, ma anche cogestori e coprogettisti del servizio. Possono nascere servizi aggiuntivi, diventare luogo di aggregazione, dare valore al territorio e distinguersi sul mercato.

Una comunità è sempre in divenire, si basa sulle persone e sulle sue relazioni, che non sono solo relazioni economiche, ma anche sociali.

A chi è rivolto?

A tutti quelli che sperimentano nuovi servizi, sia online che offline.

A chi fa progetti di rigenerazione urbana.

Ai cittadini che fanno rete per obiettivi comuni.

A chi gestisce il personale di un’azienda. A chi fa progetti innovativi in ambito culturale e ambientale.

In tutti quei contesti dove è la comunità di persone che fa la differenza e serve a tenere in piedi il progetto.

A breve uscirà anche “Community Economy” ed. Egea,  il libro di Marta Mainieri, coprogettista di Community Toolkit.

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